La superficie del pane è meravigliosa innanzi tutto per questa impressione quasi panoramica che dà: come se sottomano si avessero a disposizione le Alpi, il Tauro o la Cordigliera delle Ande.
Così dunque una massa amorfa in eruzione fu fatta scivolare per noi nel forno stellare, ove indurendosi si è plasmata in valli, creste, ondulazioni, crepacci… E tutti quei piani subito così schiettamente articolati, quelle lastre sottili ove la luce con impegno distende i suoi fuochi, – senza uno sguardo per la mollezza ignobile che sta sotto.
Quel fiacco e freddo sottosuolo che si chiama mollica ha il tessuto simile a quello delle spugne: foglie o fiori vi stanno saldati gomito a gomito tutti assieme come sorelle siamesi. Quando il pane diventa raffermo quei fiori appassiscono e si contraggono: allora si staccano gli uni dagli altri e la massa diventa friabile…
Ma spezziamola: ché il pane nella nostra bocca deve essere piuttosto oggetto di consumo che di riguardo.
(Francis Ponge)
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