da “Quando siete felici, fateci caso” di Kurt Vonnegut

[…] Quando Gesù Cristo venne inchiodato alla croce disse: “Perdonali, Padre, perché non sanno quello che fanno”. Che razza di uomo era? Qualunque vero uomo, obbedendo al Codice di Hammurabi, avrebbe detto: “Ammazzali, papà, insieme a tutti i loro amici e parenti, e fa’ sì che siano morti lente e dolorose”.

La più grande eredità che Gesù ci ha lasciato, a mio modesto parere, consiste di sole tredici parole. Sono l’antidoto al veleno del Codice di Hammurabi, una formula concisa quanto l’“E = mc2” di Albert Einstein.

Gesù di Nazaret ci disse di pregare usando queste tredici parole: “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.

E tanti saluti al Codice di Hammurabi.

Già solo per queste parole, Gesù merita di essere chiamato “Principe della Pace”.

Ogni azione di guerra, ogni azione di violenza, anche se compiuta da uno schizofrenico paranoico, onora Hammurabi e mostra disprezzo per Gesù Cristo. […]

Alcune di voi forse sapranno che sono un umanista, o libero pensatore, com’erano i miei genitori, i miei nonni e i miei bisnonni – e quindi non sono cristiano. In quanto umanista, sto onorando mio padre e mia madre, come la Bibbia sostiene che è giusto fare. […]

Se Cristo non avesse pronunciato il Discorso della Montagna, con il suo messaggio di misericordia e di pietà, io non vorrei essere un essere umano.

Preferirei essere un serpente a sonagli.

La vendetta genera vendetta, che genera vendetta, che genera vendetta, formando una catena continua di morte e distruzione che lega le nazioni di oggi alle tribù barbare di migliaia e migliaia di anni fa.

Può darsi che non riusciremo mai a dissuadere i governanti del nostro paese o di qualunque altro paese dal reagire con la vendetta, con la violenza, a ogni offesa o torto. […]

Ma nella nostra vita personale, nella nostra vita interiore, quantomeno, possiamo imparare a fare a meno di questa eccitazione malata, del gusto di avere conti da regolare con una specifica persona, o con un gruppo di persone, o con una certa istituzione, razza o paese.

E poi possiamo ragionevolmente chiedere che ci vengano rimessi i nostri debiti, dato che noi li rimettiamo ai nostri debitori. E possiamo insegnare ai nostri figli e poi ai nostri nipoti a fare lo stesso: in modo che anche loro possano non essere mai una minaccia per nessuno.

L’asinello che non era un asinello

Il primo giorno di scuola, nella classe Prima B, la maestra fece l’appello. Naturalmente, in ordine alfabetico.

Dunque cominciò Bimbardieri, Cestaro, De Vita, (di E non ce n’erano), Farina, Guella (H e I e L non c’erano), Manzoni, Minozzi, Molteni, Pagani, Provera, Riboldi, Stoppino, Taccani, Tambosi, Taverna, Tinini (di T ce n’erano quattro, invece nessuna U), poi Vespi, Zerbini e Asinelli.

“Ma maestra, c’è un errore!” esclamò agitato un bambino alzando di corsa la mano “Il cognome Asinelli va messo per primo, non per ultimo”.

“No”, disse la maestra, seria seria, “da che mondo è mondo gli asini sono sempre ultimi, mai primi”.

Infatti, appena sentì dire Asinelli Asinello…

“Presente” rispose sottovoce un bambino che era seduto in fondo in fondo alla classe, tutto solo soletto nell’ultimissima fila, vicino al muro.

Tutti i compagni si voltarono… Ooohhh che bambino grigio, che bambino strano, che orecchie lunghe, e aveva persino una coda.

Insomma, ascoltate bene, bambini che state leggendo:

Il bambino Asinello Asinelli, che da quando era nato era sempre stato deriso per il suo nome e il suo cognome, alle crudeli parole di quella maestra (con la emme minuscola) sentì il cuore battergli fortissimo, come se stesse per rompersi in mille pezzettini, come un bicchiere caduto che prima era intero e poi in frantumi.

E sentì anche, come era già successo a Pinocchio, che qualcosa gli stava spuntando sulla testa…

Aiuto bambini, il bambino Asinello Asinelli, per il dolore, si era trasformato in un asinello vero.

Quella maestra, che aveva un cuore come una pelle di tamburo, non batté ciglio. Disse soltanto:

“Cominciamo la lezione, aprite il quaderno”.

Anche Asinello aprì il suo, sebbene con fatica perché gli asinelli non hanno né pollice né indice, e nemmeno medio, anulare, mignolo per tenere la penna tra le dita.

Durante la lezione, gli scolari ogni tanto si giravano a guardarlo, si davano gomitatine cretine, sghignazzando a più non posso.

Uno invece, quello che aveva alzato di corsa la mano (ma come si chiamava? mi pare Buono Belbuono) ogni tanto si girava e gli faceva un sorriso come un sole, come per dirgli:

“Ormai noi due siamo amici, vero?”

“Amici per sempre per sempre” con gli occhi lucidi rispondeva Asinello.

Passavano i mesi. Che tristezza essere tutti i giorni deriso dai compagni. La maestra con la emme minuscola non lo difendeva mai e poi mai.

Ma un mattino, un bel mattino con un sole più sole del solito, entrando in classe, Asinello sentì una voce mai sentita prima, una voce dolce come una musica che diceva:

“Ma in questo registro c’è un errore grave!”

Era la dolce voce della nuova Maestra, una Maestra con la emme maiuscola. L’altra, evviva degli evviva, era sparita come una bolla di sapone (ma un sapone che invece di lavare sporcava).

“Il nome Asinello Asinelli comincia con la A, va scritto nella prima riga, non nell’ultima!” disse. “E che bel nome originale, mi piace proprio, alzi la mano il bambino che si chiama così”.

Asinello, timidamente, alzò la zampa. Tutti i bambini si voltarono come al solito sghignazzando, ma rimasero di stucco:

Ooooh… quella zampa aveva cinque dita: pollice, indice, medio, anulare e mignolo.

Quella zampa era una mano di bambino!

E quel braccio era un braccio di bambino!

E quel faccino era un faccino di bambino!

Con orecchie di bambino!

E non c’era nemmeno l’ombra di una coda.

“Portiamo subito il tuo banco qui con gli altri, cosa fai là in fondo tutto solo soletto in un angolo?” disse la Maestra con voce d’angelo.

Non riesco ad aggiungere altre parole, bambini che state leggendo, per la sorpresa di quello che è appena successo mi tremano la mano e il computer.

Ricordatevi che le parole che escono dalla bocca, anche le vostre, sono come i supereroi, possono trasformare il mondo. A volte non subito così, ma dopo un po’… sì.

Per esempio possono trasformare un bambino in asinello e un asinello in bambino.

PS. Intanto il bambino sentì che il suo cuore che quella maestra minuscola aveva ridotto a pezzettini, questa Maestra Maiuscola, pezzettino dopo pezzettino, lo stava ricostruendo tutto, come un bel puzzle quasi terminato.

(Vivian Lamarque)

Piazzata

Se di colpo giù in piazza

in mezzo al chiasso

qualcuno alza la voce

e un’altra voce, più forte,

gliele ricanta, e si mettono a urlare

insulti e minacce, è come

se mi chiamassero per nome.

.

Si capisce ben poco, quasi niente

con gli alberi di mezzo, dal quinto piano,

ma io non chiedo al mio vicino

– anche lui sul balcone – perché lì sotto

si mangiano la faccia. Lo so bene

cosa li fa gridare. Lo riconosco

adesso, mentre mi prende

– anche me – per la gola, e mi tiene

qua sopra, senza fiato:

è grande, e non ha una ragione.

.

È che ognuno al mondo sta lì

con il suo ingombro osceno. Mento, guance,

e gli occhi in fuori, e in mezzo a quel testone

il naso a becco, dicono: così

e in nessun’altra maniera.

Ogni momento uno ti si para

davanti, ti fa vedere come,

ti fa vedere chi

bisogna essere.

.

Così ce ne andiamo in giro

nei bar, sui tram: ognuno un santo mistero

messo in piazza, un esempio

che nessuno può seguire.

.

È questo lo spettacolo sfacciato,

la scenata che sale fin quassù.

.

*

.

Viene il respiro degli ippocastani,

col buio. L’onda ci lascia.

.

Da una finestra illuminata

anch’io lancio il mio urlo

e mi ritiro.

.

(Umberto Fiori)

Sulla terra l’uomo non agisce secondo il suo desiderio…

Sulla terra l’uomo non agisce secondo il suo desiderio:

il destino lo conduce su vie imprevedibili.

.

I palazzi crollano, i colli si spianano,

l’amore termina, la vita sfocia nella morte

.

il frutto cade, l’uomo teme la fine

la casa invecchia e si piega, come l’uomo.

.

Il giorno consuma la vita degli esseri

come i raggi del sole fanno evaporare l’acqua.

.

Il sole sorge e tramonta: lo salutiamo con gioia

eppure segna il dileguarsi dei nostri giorni.

.

Nessuno può eludere il proprio destino

lamentarsi per la morte non ha senso.

.

La vita dei padri è la nostra:

perché affliggersi per ciò che non ha scampo?

.

La vita fugge come l’onda, ma ogni creatura

ha il suo cardine nella gioia.

.

(Rāmāyana – India, II sec. a.C.)

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