Se dietro le fotografie

Se dietro le fotografie non scriviamo nomi

e cognomi, già nel giro di due

generazioni sarà tutto un coro

un infinito coro di chini sulle foto

a dire e questo? e questa? e questo

bambino? fratello? cugino? ma di chi?

Nelle stagioni delle finestre spalancate

usciranno nell’aria infiniti echi

di domande, di punti di domande.

E questo? e questa? forse uno zio

lontano? una lontana zia?

Ma quale zia e zia!

Ero io io io!

Sono io la mia fotografia!

(Vivian Lamarque)

dalla “Lettera a una professoressa” della Scuola di Barbiana

[…] Ora siamo qui a aspettare una risposta. Ci sarà bene in qualche istituto magistrale qualcuno che ci scriverà:

“Cari ragazzi,

non tutti i professori sono come quella signora. Non siate razzisti anche voi.

Anche se non sono d’accordo su tutto quello che dite, so che la nostra scuola non va. Solo una scuola perfetta può permettersi di rifiutare la gente nuova e le culture diverse. E la scuola perfetta non esiste. Non lo è né la nostra né la vostra.

Comunque quelli di voi che vogliono essere maestri venite a dar gli esami quaggiù. Ho un gruppo di colleghi pronti a chiudere due occhi per voi.

A pedagogia vi chiederemo solo di Gianni. A italiano di raccontarci come avete fatto a scrivere questa bella lettera. A latino qualche parola antica che dice il vostro nonno. A geografia la vita dei contadini inglesi. A storia i motivi per cui i montanari scendono al piano. A scienze ci parlerete dei sormenti e ci direte il nome dell’albero che fa le ciliege”.

Aspettiamo questa lettera. Abbiamo fiducia che arriverà.

Il nostro indirizzo è: Scuola di Barbiana Vicchio Mugello (Firenze).

Si dovrebbe vedere

Se dallo Spazio si vedessero non solo continenti

di zaffiro, oceani turbolenti, ma le guerre –

falò, foreste e boschi incendiati,

fiamme e ceneri fumanti – la Terra apparirebbe

un globo amaro colmo di chiodi di garofano velenosi. 

E ogni guerra alimentata dalle armi: si dovrebbe vedere 

che grandi somme di danaro sono state spese,

con enormi profitti, operai pagati 

per costruire distruzione, economie nazionali sviate 

perché fuochi e guerre potessero bruciare 

e distruggere la gioia di questo unico pianeta

che, visto dall’esterno del suo soffice guscio trasparente, 

appare sereno, felice, con la sua acqua, l’aria 

e le mille forme di “vita che vuole vivere”.

Si dovrebbe vedere che questo globo verdeazzurro 

soffre di una cancrena che lo sta divorando.

.

(Denise Levertov)

Padre, se anche tu non fossi il mio…

Padre, se anche tu non fossi il mio

padre, se anche fossi a me un estraneo,

per te stesso egualmente t’amerei.

Ché mi ricordo d’un mattin d’inverno

che la prima viola sull’opposto

muro scopristi dalla tua finestra

e ce ne desti la novella allegro.

Poi la scala di legno tolta in spalla

di casa uscisti e l’appoggiasti al muro.

Noi piccoli stavamo alla finestra.

.

E di quell’altra volta mi ricordo

che la sorella mia piccola ancora

per la casa inseguivi minacciando

(la caparbia avea fatto non so che).

Ma raggiuntala che strillava forte

dalla paura ti mancava il cuore:

ché avevi visto te inseguir la tua

piccola figlia, e tutta spaventata

tu vacillante l’attiravi al petto,

e con carezze dentro le tue braccia

l’avviluppavi come per difenderla

da quel cattivo ch’era il tu di prima.

.

Padre, se anche tu non fossi il mio

padre, se anche fossi a me un estraneo,

fra tutti quanti gli uomini già tanto

pel tuo cuore fanciullo t’amerei.

.

(Camillo Sbarbaro)