Ada

Ada fruga fra le fragole,

bassa. Le dita minuscole

strappano, staccano, scavano.

La terra, quanta!, nera, sporca,

così buona sulla lingua acerba.

La veste bianca tocca i solchi,

si sposa. Sandaletti sudati, blu.

Non sa, Ada, chi è. Sa il sole

che buca le foglie, le cicale,

il fresco sotto il pesco

e la merenda alle quattro

con la mezza rosetta e la nutella.

(Paola Loreto)

Loreto foto

La collina

Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley,

l’abulico, l’atletico, il buffone, l’ubriacone, il rissoso?

Tutti, tutti, dormono sulla collina.

 

Uno trapassò in una febbre,

uno fu arso nella miniera,

uno fu ucciso in rissa,

uno morì in prigione,

uno cadde da un ponte lavorando per i suoi cari –

tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina.

 

Dove sono Ella, Kate, Mag, Edith e Lizzie,

la tenera, la semplice, la vociona, l’orgogliosa, la felice?

Tutte, tutte, dormono sulla collina.

 

Una morì di un parto illecito,

una di amore contrastato,

una sotto le mani di un bruto in un bordello,

una di orgoglio spezzato, mentre anelava al suo ideale,

una inseguendo la vita, lontano, in Londra e Parigi,

ma fu riportata nel piccolo spazio con Ella, con Kate, con Mag –

tutte, tutte dormono, dormono, dormono sulla collina.

 

Dove sono zio Isaac e la zia Emily,

e il vecchio Towny Kincaid e Sevigne Houghton,

e il maggiore Walker che aveva conosciuto

uomini venerabili della Rivoluzione?

Tutti, tutti, dormono sulla collina.

 

Li riportarono, figlioli morti, dalla guerra,

e figlie infrante dalla vita,

e i loro bimbi orfani, piangenti –

tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina.

 

Dov’è quel vecchio suonatore Jones

che giocò con la vita per tutti i novant’anni,

fronteggiando il nevischio a petto nudo,

bevendo, facendo chiasso, non pensando né a moglie né a parenti,

né al denaro, né all’amore, né al cielo?

Eccolo! Ciancia delle fritture di tanti anni fa,

delle corse di tanti anni fa nel Boschetto di Clary,

di ciò che Abe Lincoln

disse una volta a Springfield.

(Edgar Lee Masters)

In questo momento che mi struggo pensoso

In questo momento che mi struggo pensoso, tutto solo sedendo,

Mi pare che anche altra gente, in altre terre, si strugga pensosa,

Mi pare che, alzando gli occhi, potrei vederli in Germania, in Italia, in Francia, nella Spagna,

O lontano, lontano, in Cina, Russia, Giappone, ove parlano altri linguaggi,

E mi pare che, riuscissi mai a conoscere queste persone, mi affezionerei a esse, come mi sono affezionato a uomini delle mie terre,

Oh, ben lo so, diverremmo fratelli, amici,

So che con loro sarei felice.

(Walt Whitman)

Confidenza con la notte

Io sono uno che ha confidenza con la notte.

Ho fatto nella pioggia la strada avanti e indietro.

Ho oltrepassato l’ultima luce della città.

 

Sono andato a frugare giù nel vicolo più tetro.

Ho incontrato la guardia nel suo giro

Ed ho abbassato gli occhi, per non spiegare.

 

Io ho trattenuto il passo e il mio respiro

Quando da molto lontano un grido strozzato

Giungeva oltre le case da un’altra strada,

 

Ma non per richiamarmi o dirmi un commiato;

E ancora più lontano, a un’incredibile altezza,

Sullo sfondo del cielo un orologio illuminato

 

Proclamava che il tempo non era giusto, né errato.

Io sono uno che ha confidenza con la notte.

(Robert Frost)

giudici x wax lpsla

La poesia nasce dalla felicità…

… la poesia nasce dalla felicità, che sempre s’accompagna alla meraviglia. Felicità della quale il poeta sente in modo acutissimo la fragile, precaria natura; ed è per questo che egli s’affretta a fermarla, a tentare di fermarla, descrivendola.

In tre libri di poesie, pubblicati a diciassette ventidue e trentanove anni, non ho fatto che parlare pressapoco delle stesse cose, gaggìe ragazze bambini autunni della dolce pianura vicino a Parma. Ci si stupirà, dopo quanto ho detto, che mi sia potuto meravigliare di cose tanto comuni, che abbia continuato a farlo per un tempo così lungo, e che ancora non sia stanco.

Il fatto è che le cose non sono mai le stesse, perché il tempo se le porta via come un fiume, il tempo cioè la morte. E in fondo l’argomento vero di tutte le poesie che ho scritto non sono le gaggìe (o acacie selvatiche, una pianta che si trova un po’ dovunque, ma da noi non ci sono pini né cipressi, e allora sembrano più belle) e il resto, ma è il tempo, la morte. Della quale pure non è possibile non meravigliarsi a tutte le ore, i minuti del giorno e della notte.

Dunque il poeta si meraviglia della bellezza delle cose, e si meraviglia del tempo che passa e le trasforma, della morte che le distrugge, e vorrebbe salvarle tutte.

Mi accontenterei d’aver salvato le gaggìe intorno a casa, e poco altro.

(Attilio Bertolucci)