L’arrivo in cucina delle nuove posate di forma novecentesca…

L’arrivo in cucina delle nuove posate di forma novecentesca, che sostituivano quelle vecchie, era avvenuto nella generale noncuranza, salvo in mia madre, che le aveva ordinate.

“Sono Gõrz” aveva detto, pronunciando il nome come un talismano, ma la curiosità era presto rientrata.

Ben altro teneva l’attualità, la guerra stava volgendo al peggio.

Non so perché ma il cambio delle posate mi era sembrato di malaugurio.

Ancora adesso, e sono passati tanti anni, preferirei che non ci fossero. Invece sono sopravvissute a tutti i nostri cambiamenti e sono toccate proprio a me, alla fine, nella divisione di quel che era rimasto.

(Giampiero Neri, da “Via provinciale”)

Mi ricorderebbero

Avevamo appuntamento, alla marina.

Nico aveva appena comperato una Giulia.

Avremmo dovuto andare a Diano, ad Alassio

insieme: avremmo ballato, riso, trovato

compagnia: lui spesso nudo tra le cabine

delle spiagge notturne aveva posseduto

ragazze. Ma io non mi presentai

– mai ho più saputo ricostruire,

pensandoci, il perché –

 

Quella notte, sull’Aurelia, con a bordo

due inglesi ed un suo amico che io

non conoscevo, Nico fu abbagliato

dai fari di un’automobile e sbandò.

Le ragazze ferite, lui illeso, l’amico

morto.

 

Rimase chiuso in casa, in stato di choc

per un mese: io non l’andai a trovare

– dopo la scusa fu che ero a studiare

per gli esami, a Milano. Ma volevo

essere freddo, ingeneroso, geloso

com’ero di lui, del suo destino.

Così sono sopravvissuto. Se fossi

stato con lui, avessi baciato,

goduto quella notte, quanto poco

di me resterebbe, ora, che viaggio

breve avrei fatto. Solo mia madre

e Nico mi ricorderebbero.

(Giuseppe Conte)

Mia madre

Non ti penso finita nel fango
di un cimitero di Monaghan; ti vedo
che cammini tra filari di pioppi
verso la stazione, o che vai contenta

alla seconda messa una domenica d’estate –
ti incontri con me e dici:
“Non trascurare il bestiame –”
Parole terrene di creatura celestiale.

E ti penso che cammini lungo un promontorio
di verdi avene in giugno,
così pieno di pace, così ricco di vita –
e vedo che ci incontriamo ai margini di una città

un bel giorno per caso, dopo
che tutti gli affari sono conclusi e possiamo andare insieme
per negozi bancarelle mercati
liberi nelle vie orientali del pensiero.

No tu non sei finita nel fango,
questa è sera di raccolto e noi
ammucchiamo i covoni contro il chiaro di luna
e tu ci sorridi – eternamente.

(Patrick Kavanagh)

La gente rispettabile

La gente rispettabile…
Dove abita la gente rispettabile?
Bisbiglia tra le querce
e sospira nel fieno
in estate e inverno, notte e giorno.
Fuori, nei campi, è lì che abita.
E non muore mai,
non piagnucola, non grida,
non chiede la nostra pietà
con occhio inumidito.
Sta sempre a curare quel che possiede,
e a chi chiede, è pronta a prestare;
ricchezza all’oceano,
buona salute al prato,
al Tempo la sua durata,
saldezza alle rocce,
luce alle stelle,
notte a chi è stanco,
chiaro giorno a chi è indaffarato,
gioco a chi è in ozio;
e così mai non cessa il suo buon umore,
giacché tutti le son debitori, tutti amici.

(David Henry Thoreau, dalla rivista “Poesia” n. 260, maggio 2011)