Mi basta l’aria

Se fossi Dio non metterei alla gente le piaghe nel petto, non l’appenderei alle croci coi chiodi a mani e piedi. Se fossi Dio darei a tutti una lunga vita infinita senza strappi e tagli e ferite. Darei rose senza spine, rose e gigli, profumati, colorati, ai miei figli.

Da fine maggio alzo gli occhi andando, e ho visto finalmente che il cielo è così bello, l’azzurro del cielo, le nuvole, l’azzurro e il bianco, e il calore del sole sulla schiena e le braccia.

Non ho ringraziato abbastanza per i tramonti in fondo alla via Emilia e i platani del viale della stazione, i loro tronchi bianchi. L’importante, nella vita, la cosa veramente importante, è l’aria sulla faccia. Sentire l’aria sulla faccia. Socchiudo gli occhi, l’aria e basta, pura e semplice, l’aria sulla faccia in bicicletta, quell’aria a tratti sulla faccia mentre cammino la sera.

Non sono mai stata male. Prima. Prima di adesso. Credevo di essere stata male. L’anno della supplenza ho pianto tutti i giorni, ma non era quello stare male. I due licenziamenti in via Bondi, quei due pomeriggi di gran pianto sul divano. Non era quello star male, mi ricordo che il divano era strano e verde e i tigli dietro la finestra. Lui mi ha piantato su una panchina in fondo a via Corticella, piangevo con le amiche in via Varthema e andai a comprarmi una maglia da Coin. Continua a leggere…

Come in vecchie biblioteche…

Come in vecchie biblioteche le persone sottovoce

si confrontano e solo tendendo bene l’orecchio

è possibile capire, anche gli avvisi della terra

rimbalzano sottili da un albero all’altro morendo

poi in silenzio, senza disturbo alcuno per qualcuno

che ignaro fischietta e passeggia e crede

in una soffice presenza tra le foglie

quando invece tutto da sempre si dissolve.

(Maddalena Lotter)

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Osteria della Bella Brezza

Padre, finita la giornata uscivi
le belle sere
a prender l’aria di mare. Sedevi
fuori dell’osteria che non c’è più;
che aveva un nome così fresco, pinto
in azzurro di lettere leggere
sulla bianca maiolica. Hanno stinto
il tempo ed il salino
tante in me cose e non quel nome: spira
dal tuo celeste ancora
la bella brezza.

Discendevi su l’ora
che il nostro mare è una cara contrada
con tesi teli e fumo di comignoli.
Tra poco, e ancora è giorno,
treman sull’acque lumi e nelle case.
Cantan, su’ remi, amanti.
Navi fanno ritorno,
escono navi dal prossimo porto,
van per quieta strada
all’orizzonte che il vespro avvicina.

Andavano, per te, sul mare grande.
Andavano distante
anche i piccoli barchi, e tu con loro.
I capitani della Bella Brezza
rifanno a gara
la traversata, toccano le Americhe.
Tempi di vela! Un palpito di nomi
i più marini di Liguria… Ognuno
passava al vostro tavolo, beveva
venti severi –
e il goccio d’oro al fiato vespertino.

Veniva alla tua frasca
l’umana brezza,
sotto il cielo benevolo il brusìo
che fa il paese conciliato a riva.
I cerchi delle donne
che giocavano a tombola con i sassi
tolti alla rena; i cerchi delle rondini
che stridevano basse
toccavano la testa dei ragazzi,
tutto animava la tua sera. E l’Ave
sul riposo di un popolo che scioglie
la sua gravezza ai margini turchini.

Ora respiri la brezza infinita.

(Angelo Barile)

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L’insegnante di scienze

Non riesco a ricordarmi

il suo viso

 

mi sovrastava diritto

sulle lunghe gambe divaricate

vedevo

la catena d’oro

la finanziera color cenere

e il magro collo

con appuntata

una cravatta senza vita

 

lui per primo ci mostrò

la zampa di una rana morta

che al tocco dell’ago

si contrae violentemente

 

lui ci guidò

con un microscopio d’oro

nella vita intima

del nostro proavo

il paramecioContinua a leggere…