Se fossi Dio non metterei alla gente le piaghe nel petto, non l’appenderei alle croci coi chiodi a mani e piedi. Se fossi Dio darei a tutti una lunga vita infinita senza strappi e tagli e ferite. Darei rose senza spine, rose e gigli, profumati, colorati, ai miei figli.
Da fine maggio alzo gli occhi andando, e ho visto finalmente che il cielo è così bello, l’azzurro del cielo, le nuvole, l’azzurro e il bianco, e il calore del sole sulla schiena e le braccia.
Non ho ringraziato abbastanza per i tramonti in fondo alla via Emilia e i platani del viale della stazione, i loro tronchi bianchi. L’importante, nella vita, la cosa veramente importante, è l’aria sulla faccia. Sentire l’aria sulla faccia. Socchiudo gli occhi, l’aria e basta, pura e semplice, l’aria sulla faccia in bicicletta, quell’aria a tratti sulla faccia mentre cammino la sera.
Non sono mai stata male. Prima. Prima di adesso. Credevo di essere stata male. L’anno della supplenza ho pianto tutti i giorni, ma non era quello stare male. I due licenziamenti in via Bondi, quei due pomeriggi di gran pianto sul divano. Non era quello star male, mi ricordo che il divano era strano e verde e i tigli dietro la finestra. Lui mi ha piantato su una panchina in fondo a via Corticella, piangevo con le amiche in via Varthema e andai a comprarmi una maglia da Coin. Continua a leggere…