Cinque “poesismi” di Donato Di Poce

Gli Umanisti si interessano molto all’Uomo
I Cannibali ne fanno una ragione di vita.

*

La semplicità incanta.

La troppa semplicità annoia.

*

In Amore servono tre cuori:

uno per amare
uno per essere amati
l’altro per quando si resta soli.

*

I veri poeti

sono diamanti sfuggiti
alle collezioni degli editori.

*

Io non ho certezze

E non ne sono nemmeno sicuro.

 

Da: https://aforisticamente.wordpress.com/2010/11/02/laforisma-poetico-i-poesismi-di-donato-di-poce/

La strada nasce liquida, dal mare…

La strada nasce liquida, dal mare,

molle di curve e di pini, di ombre.

Poi sale, sgomita sui poggi nudi

o di lecci, di ulivi, di vento caldo,

di case piantate lì come un fiore,

corolle chiuse come a custodire

il respiro di uomini e bestie dentro

l’assalto di un’aria cruda e feroce.

Potrebbe non finire mai. Poi, dietro

una curva, uno slargo improvviso,

la città viene su come uno scudo

di roccia dalle rocce, chissà come

scavata nella pietra, fantasma

lungo di una nave portato lì

– da quale onda? – immobile e severo

luogo che accade e intimorisce,

alito vasto della terra, sguardo,

tempo che lo sguardo non sostiene,

radice e tronco e ramo insieme.

 

(Corrado Bagnoli)

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Ove la storia

Ove la storia finisse qui

chiudesse gli occhi

sta bene

– direi – nulla ho fatto di voluto

quel che ho potuto appena

capitato per caso coincidenza

né me ne spiaccio ho a posto

la coscienza sono saggio abbastanza

da sapere che nulla avrei cambiato

 

ove invece volesse continuare

non me ne lagno cercherò di adattarmi

alle esigenze in modo degno

dignitosamente educato signore

come sempre.

 

(Renzo Modesti)

da:

Poesia_01_17

Spuntano ovunque a primavera…

Spuntano ovunque a primavera

le bambine vestite di fiori

qualcuna ha coroncine intrecciate

ai capelli

son padrone del mondo e lo sanno

vanno

con passo lieve

e sorriso incondizionato

fanno ruote di gonne

hanno nasi che dicono

forse anche io una volta

forse anche tu

mi hai pensata così

 

(Antiniska Pozzi)

La solitudine

Io vengo da un altro mondo, da un altro quartiere, da un’altra solitudine.
Oggi come oggi, mi creo delle scorciatoie. Io non sono più dei vostri.
Aspetto dei mutanti; Biologicamente me la cavo con l’idea che
mi sono fatto della biologia: piscio; eiaculo; piango.
Innanzi tutto noi dobbiamo lavorare le nostre idee come se fossero dei manufatti.
Io sono pronto a procurarvi gli stampi. Ma…

la solitudine…

Gli stampi sono di una materia nuova, vi avverto.
Sono stati fusi domani mattina.
Se voi non avete di questo giorno il senso relativo della durata, è inutile guardare davanti a voi perché il davanti è il dietro, la notte è il giorno. E…

la solitudine…

Innanzi tutto le lavanderie automatiche, agli angoli delle strade, sono imperturbabili così come il rosso o il verde dei semafori.
I poliziotti del detersivo vi indicheranno dove vi sarà possibile lavare ciò che voi credete sia la vostra coscienza e che non è altro che una succursale di quel fascio di nervi che vi serve da cervello. E pertanto…

la solitudine…

La disperazione è una forma superiore di critica. Per ora, noi la chiameremo “felicità”, perché le parole che voi adoperate non sono più “parole”, ma una specie di condotto attraverso il quale gli analfabeti hanno la coscienza a posto. Ma…

la solitudine…

Del Codice Civile ne parleremo più tardi.
Per ora, io vorrei codificare l’incodificabile.
Io vorrei misurare il pozzo di San Patrizio delle vostre democrazie.
Vorrei immergermi nel vuoto assoluto e divenire il non detto, il non avvenuto, il non vergine per mancanza di lucidità.
La lucidità me la tengo nelle mutande.

 

(Léo Ferré)