da “Progetto per una casa” di Giulio Marzaioli

In tale circostanza un’altra casa potrebbe crescere all’interno della prima casa e prenderne il sopravvento. Ogni abitudine, accatastandosi, ristagna e si imprime, marcisce, nella rassegnazione al fatto che abbiamo bisogno di mura. Così una persona dedita allo studio e scarsamente votata alla socialità abiterà una casa occupata da libri, oggetti, stampe e si avrà l’impressione che sia la casa ad abitare l’essere umano e non viceversa, quasi che questa fosse la vera volontà di chi la abita: immergersi fino a scomparire negli oggetti della propria quotidianità.

Dove sei?

Non mi ricordo più di quello che si svolge proprio qui, ora,

e la speranza è invisibile…

Ma come si piegava allora il ramo

sotto i tuoi frutti

e come nel cavo dell’ascella i tuoi peluzzi

avrei voluto baciare prima della bocca!

Dove sei? Cosa fai? Ti vedrò ancora?

.

Se la città sta oltre il fiume, a noi è lecito andare solo al ponte,

e se ci è lecito oltrepassarlo, allora è quello solo sopra la pozzanghera

alla volta del villaggio…

.

(Vladimír Holan)

Un paradiso portatile

E se parlo del Paradiso,

allora parlo di mia nonna

che mi diceva di portarlo sempre

indosso, nascosto, così

nessuno l’avrebbe saputo tranne me.

Così non te lo possono rubare, mi diceva.

E se la vita ti mette sotto pressione,

segui i suoi crinali nella tasca,

annusa il suo odore di pino sul fazzoletto,

canticchiane l’inno sottovoce.

E se le sue tensioni sono continue e quotidiane,

infilati in una stanza vuota – hotel, ostello

o tugurio che sia – trova una lampada

e svuota su un tavolo il tuo paradiso:

le sabbie bianche, le verdi colline, il pesce fresco.

Puntagli sopra la lampada come la fresca speranza

del mattino, e continua a guardarlo finché non ti addormenti.

(Roger Robinson)