Una poesia di Francesca Baviera

Non sono più una brava figlia

una brava moglie che ripara

che accoglie non sono

una buona amante un’amica

fedele devota allegra.

Tutto quello che ero.

Tutto portato via

dalla buona bambina

quella brava per tutti

quella che resiste

e dice di sì.

Si è mangiata i miei occhi

come pasticcini.

Si è bevuta la voce

come una coca-cola.

È con tutti che parla

fa la figlia, l’amica

al posto mio.

Salda come una radice.

Gonfia come una malattia.

Transitando tra C. e P.

Non ho mai sentito prima d’ora cantare le cicale sui platani lungo la strada statale. Qualcuno mi ha parlato di un bosco di petunie dove si perdevano i rottami dell’officina. Il maestro dorme la notte estiva sull’amaca ancorata tra le colonne tortili del terrazzino. Sogna i suoi motocarri come si ricordano le persone in certi gesti congelati, cerca di ricordare se mai realmente esistiti oppure immagini lette nei tarocchi o su carte di caramelle; in ogni caso, tempera tirata con le dita sul foglio e poi, di slancio, sul piano della scrivania. Nella notte di grafite passa un’auto estone che traina una piccola roulotte di lamiera: verso il mare, verso ciò che è interpretabile del sogno.

(Francesco Osti)

Titoli di testa

La visita della vecchia signora alla ricerca del tempo perduto.

Racconti lontani. “Come eravamo”, sospira, “nell’inverno del nostro scontento, con il piede straniero sopra il cuore”.

“Eppure, com’era verde la mia valle. Una sera c’incontrammo, sul sentiero dei nidi di ragno. Biondo era, e bello. Mi scrisse una poesia in forma di rosa. Fu amore a prima vista.

«Baciami, stupido»

«Io ho paura»

«Se non ora, quando?»

Sapore di sale. Ma era l’uomo che sapeva troppo; chiese:

«Sei la ragazza di Bube?»

«Così è, se ti pare».

«Addio, mia bella signora»”

Una lacrima sul viso. Nostalgia.

Oh, les beaux jours!

(Andrea Kerbaker)

da “La passeggiata” di Robert Walser

Consideri a quale impoverimento, a quale fallimento doloroso andrebbe incontro il poeta, se la materna, paterna, filiale natura non gli consentisse di abbeverarsi di continuo alla fonte del bello e del buono. Consideri l’importanza grandissima e sempre nuova che per il poeta ha l’insegnamento, la santa, aurea dottrina che gli proviene dal vivere all’aperto. Senza passeggiate e la relativa contemplazione della natura, senza questa raccolta di notizie, che allieta e istruisce insieme, che è ristoro e incessante monito, io mi sento come perduto, e realmente lo sono. […] Le cose più sublimi e le più umili, le più serie come le più allegre, sono per lui in ugual misura care, belle e preziose. Neppure una traccia di ombroso amor proprio deve albergare nel suo animo, ma bensì egli deve lasciare che il suo sguardo sollecito erri e si posi dappertutto con spirito fraterno, deve saper aprirsi solo alla vista e all’osservazione, e viceversa essere capace di tenere a distanza i suoi propri lamenti, bisogni, mancanze, rinunce, come un valoroso e provetto soldato, pieno di zelo e di abnegazione.